FESTA DELLA DONNE: Cosa festeggiare?
#ottomarzo
FESTA DELLA DONNE: COSA FESTEGGIARE?
Ogni anno la data dell’8 marzo ci porta a fare un bilancio. Nel 2020 questo bilancio – sulla condizione delle
donne – ha un peso specifico pesantissimo perché in netto peggioramento in tutte le sue declinazioni.
Sono aumentate le violenze sulle donne incluse quelle domestiche.
*VII Rapporto Eures sul Femminicidio in Italia.
Le donne escono dal 2020 più povere e più precarie.
*“La condizione economica femminile in epoca di Covid-19”. Fonte: “Effetto recessione sulle donne: una su due più povera (e precaria). Il Sole 24 Ore da Indagine WEWORLD-IPSOS. A cura di Flavia Landolfi.
Nel 2020 il 70% dei licenziamenti è donna.
*dati ISTAT
Mettiamo insieme questi dati allarmanti e il quadro appare subito chiaro e feroce in tutta la sua portata. La battaglia, sempre più urgente, è da combattere a nostro avviso su due fronti parimenti importanti.
Primo fronte: il paradigma socio-culturale che nella percezione di molti uomini, ma purtroppo anche di alcune donne, relega ancora la figura femminile nel ruolo preminente – se non quando esclusivo – di cura. E con la cura ci riferiamo a figli, genitori anziani, familiari disabili e gestione della casa. A questo si somma, nei casi più estremi – che portano alla violenza – la percezione della donna come oggetto destinato a soddisfare le esigenze degli uomini e, in quanto oggetto, si può possedere, controllare e distruggere.
Alla luce di queste premesse ci sembra più che mai importante porre l’accento su quanto tutti questi aspetti siano fortemente interconnessi tra loro. La mancanza di autonomia economica rende spesso le donne dipendenti dai propri partner con ovvie e disastrose conseguenze nei casi di abuso, ma con un impatto determinante anche in situazioni meno estreme.
In ogni caso una donna economicamente dipendente non è una donna libera.
Ma perché le donne faticano di più a raggiungere l’autonomia economica?
- A causa del paygap: a parità di titoli ed esperienza vengono spesso pagate meno degli uomini per le stesse mansioni.
- Perché spesso scelgono di lavorare part-time o scelgono lavori meno retribuiti se più facilmente conciliabili con i carichi di cura.
- Perché molte donne si vedono costrette dalle pressioni subite in ambito professionale e/o in ambito familiare, a lasciare il lavoro a seguito di una maternità.
I dati allarmanti del 2020 non fanno che confermare questo trend.
Come provare a uscire quindi da questo circolo vizioso? Il primo aspetto che ci sembra imprescindibile è il coinvolgimento degli uomini: perché si pensa che le PO riguardino solo le donne e debbano occuparsene solo le donne? Come recentemente evidenziato in un articolo di Francesca Bettio, docente ordinaria di Politica economica presso l’Università di Siena e tra le fondatrici di InGenere:
“Il welfare familiare è contrario all’occupazione femminile, la blocca, perché trattiene a casa lavoro non pagato e la riproposizione di un Ministero delle Pari opportunità e della Famiglia è già un’indicazione politica che ci fa preoccupare”.
Senza assolutamente voler sminuire il supporto delle reti familiari, è però simbolicamente sconcertante che le PO vengano associate al tema della famiglia, reiterando il binomio DONNA/FAMIGLIA.
Molta dell’efficacia del cambiamento – nella percezione sociale e nella concretezza dei problemi della
quotidianità – dipende infatti dal ruolo degli uomini, da quanti decidono e decideranno di mettersi in gioco,
consapevoli del fatto che le ricadute di una reale pratica di Pari Opportunità, porta benefici alla società nel
suo complesso e non solo alle donne. *Ci permettiamo di segnalare un webinar che abbiamo organizzato sul tema intitolato “Prospettive maschili sulle PO”.
E veniamo al secondo fronte della nostra lotta che va, come appena sottolineato, combattuta da persone di tutti i sessi, e può essere riassunto in una sola parola chiave: welfare. Servizi per l’infanzia, soluzioni concrete di condivisione dei carichi che consentano ai genitori – non solo alle mamme – di conciliare lavoro e cura. Mappature efficaci dei servizi, pubblici e privati disponibili nei territori, valorizzazione delle reti tra associazioni e tra persone, valorizzazione delle risorse di cui siamo tutti portatori e non solo beneficiari. Per questo l’Associazione CO-CO’ e la cooperativa CO-Stanza, da sempre impegnate nella tutela dei diritti delle donne, negli ultimi anni stanno portando avanti anche progetti di welfare territoriale ispirati alla massima collaborazione tra tutti gli attori del sociale, per provare a ripensare la comunità come organismo vivente il cui benessere dipende dalla salute e dalla buona interazione di tutti gli organi che lo compongono.